Per la prima volta, le Linee Guida Internazionali raccomandano una medicazione per il trattamento dei pazienti diabetici portatori di lesione al piede, un grave rischio per gli oltre 3 milioni di italiani: il 5,3 percento dell’intera popolazione. Il piede diabetico è una complicanza che spesso viene sottovalutata e le conseguenze possono essere anche gravi. Compare un’escoriazione che è legata alle alterazioni del microcircolo e della sensibilità periferica e può trasformarsi in ulcera se non curata per tempo. La probabilità che una persona con diabete una volta nella vita incorra in una lesione del piede è del 25 percento e circa il 60 percento dei casi di piede diabetico sono complicati da un’infezione. Secondo i dati dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) solo il 20 percento delle persone con diabete viene sottoposto a un controllo annuale dei piedi. La diagnosi precoce è fondamentale per aumentare le possibilità di “chiusura” della lesione e dunque di riuscire a proteggere i tessuti dall’insorgenza di infezioni. Fino all’85 per cento delle amputazioni degli arti inferiori sarebbe prevenibile, se si seguisse un corretto e tempestivo trattamento della lesione. L’impatto sulla qualità di vita è pesante e comporta costi sociosanitari elevati. Nel 60 percento dei casi le lesioni sono complicate da un’infezione, che aumenta il rischio di perdere l’arto e le ripercussioni sono importanti sia a livello aspettativa di vita sia di costi per il sistema sanitario, che passano da circa 25.000 a 115.000 euro all’anno per paziente. Informare i pazienti sulla prevenzione, sui campanelli d’allarme e fornire indicazioni su quando è necessario rivolgersi al diabetologo per un controllo del piede, è l’obiettivo della campagna europea #BeCareFoot www.becarefoot.it che verrà lanciata a marzo 2020 anche in Italia. L’iniziativa vuole sensibilizzare, oltre ai pazienti, anche gli operatori sanitari nella gestione delle lesioni del piede diabetico. Sono previsti contenuti social, materiali informativi negli studi medici per i pazienti e anche per gli operatori sanitari. «La guarigione è influenzata da una presa in carico tempestiva del paziente: quelli inviati a un Centro specialistico dopo 52 giorni hanno ridotte possibilità di guarigione (inferiore al 58%) rispetto a chi, invece, viene trattato subito», spiega Cristiana Vermigli Coordinatore eletto del Gruppo di Studio AMD-SID sul Piede diabetico, Responsabile del Centro di riferimento regionale Umbria per la diagnosi e la cura del Piede diabetico. «Il modello organizzativo Fast-Track, con un maggiore coordinamento tra medicina del territorio e centri dedicati, intende favorire diagnosi precoce, trattamento tempestivo e riduzione dei tempi di guarigione. I buoni esiti dipendono dal coinvolgimento multidisciplinare di tutti gli operatori sanitari e dove il diabetologo è il regista che si interfaccia con altri specialisti, con i medici di famiglia, gli infermieri e i farmacisti». Sul fronte delle terapie lo studio Explorer pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology rappresenta un’importante innovazione, perché è il primo studio che dimostra l’efficacia di un trattamento locale nella guarigione delle lesioni del piede diabetico neuro-ischemico. «Il trial, multicentrico, internazionale, randomizzato, controllato in doppio cieco, ha evidenziato come una medicazione con saccarosio octasolfato sia in grado di guarire il 60% di pazienti in più, 2 mesi prima rispetto al gruppo di controllo – spiega Vermigli – . I risultati sono stati così significativi da indurre dell’International Working Group for the Diabetic Foot, che ogni 4 anni produce Linee Guida multidisciplinari basate sull’evidenza scientifica, a raccomandare l’uso della medicazione nel trattamento topico dei pazienti con lesioni del piede diabetico neuro-ischemico».
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