Il riscontro di elevati valori pressori rappresenta una situazione non infrequente in farmacia, che può determinare preoccupazione per lo stato di salute non solo nell’utente ma anche nel farmacista. Un primo scenario che si può presentare è quello del cittadino che si misura la pressione in farmacia e riscontra occasionalmente elevati valori pressori (spesso per avere conferma di quelli riscontrati a domicilio o dal medico) senza una storia di ipertensione arteriosa e di trattamento farmacologico. L’altra condizione è quella di un paziente iperteso, al quale spesso è stata già prescritta una terapia farmacologica, che esegue un controllo dei valori pressori in farmacia, anche in questo caso spesso come conseguenza di una misurazione di pressione arteriosa con valori elevati. Il principale scopo del farmacista in queste condizioni è quello di eseguire una corretta misurazione della pressione arteriosa, rassicurare comunque il soggetto, valutando oltre all’entità dei valori pressori anche la presenza e l’intensità di eventuali sintomi in modo da allertare il medico di medicina generale o la rete dell’emergenza urgenza. Alcuni pazienti possono riscontrare valori pressori elevati a domicilio perché non sono stati resi esperti dal personale sanitario, oppure perché utilizzano a domicilio uno strumento non validato o un bracciale di dimensione adeguata alla circonferenza del braccio. E’ quindi fondamentale che in farmacia la pressione arteriosa sia misurata correttamente, anche per ridurre al minimo un’ipertensione da camice bianco (almeno due misurazioni consecutive, distanziate di 2 minuti, i posizione seduta, dopo almeno 5 minuti di riposo, in ambiente tranquillo). Infatti un aumento improvviso della pressione arteriosa può essere anche l’espressione dell’accentuazione della variabilità pressoria causata da condizioni ambientali e soggettive, e si manifestano con un’eterogeneità di quadri clinici, in rapporto al “sintomo” che rappresenta la causa del rialzo pressorio (e non viceversa). Per tale motivo, queste situazioni non richiedono alcun trattamento farmacologico del rialzo dei valori pressori se non quello di cercare di rimuoverne la causa (es. tamponamento di una varice venosa nasale che causa epistassi). Esistono anche condizioni cliniche caratterizzate da un improvviso e severo incremento dei valori di pressione arteriosa (ipertensione parossistica) tipico dei tumori secernenti catecolamine (feocromocitoma e paraganglioma), che sono tuttavia patologie relativamente rara o che più frequentemente sono factitie, cioè causate dall’assunzione di sostanze (cocaina, amfetamine, amine simpatico-mimetiche) o dalla brusca sospensione dell’assunzione di simpatico-modulatori come la clonidina. Altre condizioni cliniche possono causare aumenti parossistici della pressione arteriosa: alcune forme secondarie di ipertensione che inducono brusca ritenzione idrosalina (insufficienza renale acuta), oppure che attivano il sistema renina-angiotensina (ipertensione renovascolare); la somministrazione endovenosa di eccessiva quantità di liquidi (nel periodo post-operatorio); ed infine, in una grandepercentuale di pazienti la mancata aderenza alla terapia oppure l’assunzione di una terapia non razionale da parte del paziente iperteso. In generale, l’entità dell’aumento della pressione arteriosa non deve essere valutato di per sè, ma essere valutato in base al quadro clinico del paziente e precisamente stabilire se e quanto l’aumento pressorio causi o contribuisca a causare un danno acuto agli organi bersaglio e quindi metta a rischio la vita del paziente. Questi casi, in cui l’aumento dei valori pressori diviene un’ emergenza ipertensiva, dovrebbero poter essere sospettati anche dal farmacista in modo che possa allertare le strutture di emergenza per la riduzione immediata (nell’arco di ore) della pressione arteriosa ed il trattamento della condizione clinica associata. In ogni caso, se i valori pressori riscontrati sono > 180/110 mmHg, il paziente presenta una ipertensione severa, che non richiede l’urgenza di ridurre i valori pressori nell’arco di poche ore, e se confermata in controlli successivi, necessita di un inquadramento in un centro di riferimento/centro di eccellenza per la diagnosi e la cura dell’ipertensione arteriosa. Nei soggetti che all’anamnesi non sono ipertesi, sarebbe solo necessario suggerire al paziente di ricontrollare i valori pressori in un arco di tempo relativamente breve (una settimana). Nel caso di pazienti che siano già ipertesi, il farmacista deve stimolare comunque l’aderenza del paziente alle misure farmacologiche e non ed indirizzare il paziente dal medico di medicina generale, che deve gestire tutte le condizioni cliniche che non rientrano nelle emergenze ipertensive, rivalutando la terapia in atto (insufficiente? associazioni non razionali?) nell’arco di alcuni giorni o settimane.
Lorenzo Ghiadoni
Centro di Riferimento Regionale della Toscana per l’Ipertensione Arteriosa
Medicina d’Urgenza Universitaria AOU Pisana e Università di Pisa
Andrea Ungar
Centro di Riferimento Regionale della Toscana per l’Ipertensione arteriosa dell’anziano
Geriatria e Terapia Intensiva Geriatrica, AOU Careggi e Università di Firenze
Riferimenti bibliografici:
Williams B, et al. 2018 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension. Eur Heart J 2018; 39, 3021–3104
van den Borm BH et al. ESC Council on hypertension position document on the management of hypertensive emergencies. Eur Heart J Cardiovasc Pharmacother 2019; 1: 37-46
Muiesan ML et al. on behalf of the Working Group on Hypertension, Prevention, Rehabilitation of the Italian Society of Cardiology, the Societa’ Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA). An update on hypertensive emergencies and urgencies. J Cardiovasc Med. 2015;16(5):372-82.