Secondo una nuova dichiarazione scientifica dell’American Heart Association, pubblicata il 28 marzo 2022 sulla sua rivista Stroke, le persone con demenza o una disabilità preesistente che ricevono un trattamento tempestivo e appropriato per un ictus ischemico (causato da un coagulo di sangue) possono evitare un’ulteriore disabilità e il successivo impatto sanitario e finanziario dell’ictus. Spesso, il trattamento degli ictus causati da coaguli di sangue può essere ritardato o non somministrato affatto se la demenza pre-ictus o i sintomi di disabilità inducono i medici a credere erroneamente che l’ictus sia più grave di quello che è e sia oltre la finestra per un trattamento ottimale. “Le conseguenze a lungo termine e i costi di ulteriori disabilità dovute a ictus non trattato in persone con deficit neurologici preesistenti sono sbalorditivi”, afferma Mayank Goyal, professore clinico nel dipartimento di radiologia e neuroscienze cliniche presso l’Università di Calgary in Alberta, Canada, e presidente del comitato di redazione della dichiarazione scientifica. “La dichiarazione cita ricerche precedenti che indicavano che il 79% delle persone con disabilità pre-ictus viveva in media 16 mesi dopo un ictus e un terzo di loro aveva bisogno di trasferirsi in una struttura di residenza assistita invece di tornare a casa dopo il ricovero e il trattamento”. Pregiudizi come l’abilismo e il nichilismo terapeutico (credere che non ci sia speranza per un trattamento efficace) possono svolgere un ruolo nel ritardare o nel non riuscire a iniziare il trattamento nelle persone con disabilità o demenza. È quindi necessaria una maggiore consapevolezza di questi pregiudizi ed è richiesta una maggiore inclusione delle persone con disabilità e demenza nella ricerca sull’ictus. La dichiarazione indica segnatamente un approccio che includa discussioni sulle opzioni di trattamento e sulle priorità e preferenze personali per la cura dell’ictus. Fondamentale è cercare di comprendere i valori, gli obiettivi e le convinzioni individuali che possono influenzare l’assistenza dopo un ictus, riconoscendo che questi valori variano da individuo a individuo e sono influenzati da età, etnia, credenze religiose e altro ancora. “Le persone che sopportano il maggior carico di malattie sono state tradizionalmente escluse dalla ricerca”, afferma Mayank Goyal. “L’ampliamento del dialogo e della ricerca proattiva sulle terapie per l’ictus acuto deve includere le persone con disabilità e demenza, per ottimizzare il loro potenziale di ritorno alla vita quotidiana pre-ictus e ridurre i potenziali oneri finanziari e assistenziali a lungo termine”.
Fonte: American Heart Association/American Stroke Association, Mayank Goyal