Il professor Yeh e colleghi hanno rianalizzato i dati relativi a 25.416 soggetti arruolati e a 11.544 soggetti randomizzati nello studio DAPT. Si tratta di soggetti tutti sottoposti a una procedura coronarica interventistica (PCI) e seguiti in follow-up a lungo termine per eventi ischemici (l’insieme di infarto miocardico e trombosi dello stent) e per eventi emorragici (emorragie moderato/severe). I ricercatori hanno classificato i pazienti in base alla complessità delle lesioni coronariche di partenza e hanno messo questo dato in correlazione con gli eventi documentati al follow-up nei soggetti randomizzati a 12 mesi di doppia antiaggregazione (due farmaci antiaggreganti insieme), piuttosto che a 30 mesi di doppia antiaggregazione. Le lesioni definite complesse avevano una delle seguenti caratteristiche: tronco comune non protetto, >2 lesioni per arteria coronarica, lunghezza della lesione ≥30 mm, biforcazione con un ramo laterale ≤2,5 mm, bypass venoso, lesione contenente un trombo. I soggetti con lesioni trattate più complesse avevano più elevati tassi di infarto miocardico e trombosi dello stent nei primi 12 mesi dopo la PCI (3,9 vs. 2,4%). Fra coloro che non presentavano eventi a 12 mesi, i tassi di infarto miocardico e trombosi dello stent fra 12 e 30 mesi erano sovrapponibili fra i soggetti con anatomia complessa e soggetti senza anatomia complessa. La riduzione degli eventi di infarto miocardico e trombosi dello stent con la prosecuzione della doppia antiaggregazione oltre i 12 mesi rispetto al placebo era simile per i soggetti con (2,5 vs. 4,5%) e senza (2,0 vs. 3,8%) un’anatomia complessa. Lo stesso valeva anche per l’incremento degli eventi emorragici a seguito della prosecuzione della doppia antiaggregazione. Fra tutti i pazienti che presentavano lesioni anatomicamente complesse, quelli con punteggi DAPT ≥2 randomizzati alla prosecuzione della doppia antiaggregazione presentavano riduzioni di maggiore entità di infarto miocardico e trombosi dello stent (3,0 vs. 6,1%), rispetto ai soggetti con punteggi DAPT <2 (1,7 vs. 2,3%). Gli autori concludono che la complessità anatomica delle lesioni coronariche trattate con PCI è associata con un aumento del tasso di eventi ischemici, soprattutto nel primo anno dopo la PCI, mentre il beneficio della doppia antiaggregazione oltre il primo anno è sovrapponibile nei pazienti con lesioni complesse e in quelli senza lesioni complesse. Appare anche evidente da tali dati che un punteggio DAPT elevato identifica i soggetti che sperimentano il massimo beneficio da un trattamento con doppia antiaggregazione esteso oltre il primo anno dalla PCI, indipendentemente dalla complessità delle lesioni.
Diabete e sport in volata verso la salute
Va inseguito, raggiunto e battuto. Una corsa alla quale partecipano da anni istituzioni, società scientifiche e pazienti, ma che da...