Che cos’è?
L’ictus (dal latino “colpo”, stroke in inglese), definito anche come colpo apoplettico (dalla parola greca che significa “colpito con la violenza”), accidente o insulto cerebrovascolare, è un deficit neurologico dovuto ad una causa cerebrovascolare persistente oltre le 24 ore e che si verifica quando si ha la morte di cellule cerebrali in seguito ad una scarsa irrorazione sanguigna.
Quali sono i sintomi?
Nella maggior parte dei casi l’ictus compare improvvisamente, solitamente senza dolore. I sintomi tipici sono il non riuscire a parlare nel modo corretto (non trovare le parole o non comprendere bene quanto ci viene detto: afasia; pronunciarle in modo sbagliato: disartria), perdere la forza in metà corpo (metà faccia e/o braccio e/o gamba del lato destro o di quello sinistro: emiplegia o emiparesi), sentire dei formicolii o perdere la sensibilità in metà corpo (in modo analogo alla forza: emiipoestesia e parestesia), non vedere bene in una metà del campo visivo (emianopsia). Vi possono essere altri sintomi come le vertigini. Per quanto riguarda le emorragie, in quelle più gravi, soprattutto l’emorragia subaracnoidea, si può avere un improvviso mal di testa (cefalea). Talvolta, questi sintomi compaiono solo per brevi periodi (da pochi minuti ad alcune ore), poi scompaiono completamente. In questi casi, viene definito attacco ischemico transitorio (TIA). Anche in questo caso vi è morte cellulare ma il sintomo, in seguito ad una rapida disostruzione del vaso, scompare per la ridotta dimensione del danno residuo provocato.
Quanti tipi di ictus ci sono?
Si distinguono 3 tipi
Infarto cerebrale (circa l’85% degli ictus): dovuto ad un coagulo di sangue che occlude un’arteria cerebrale.
Emorragia cerebrale (circa il 10% degli ictus): un vaso sanguigno cerebrale si rompe e il sangue si riversa nel tessuto cerebrale.
Emorragia subaracnoidea (circa il 5% degli ictus): un vaso sanguigno si rompe e il sangue si riversa tra le meningi e il cervello.
Da che cosa è causato?
L’improvvisa sofferenza delle cellule nervose può avvenire principalmente per due motivi. Il più frequente è dovuto alla chiusura di una arteria cerebrale che impedisce il passaggio del sangue (ischemia cerebrale): le cellule nervose che sono normalmente irrorate dal sangue trasportato da quella arteria vanno incontro a morte cellulare (o necrosi) in quanto non arriva più il nutrimento. Un’arteria si può chiudere perché si forma un coagulo (trombo) su un’irregolarità preesistente della parete (placca) oppure perché viene chiusa da un coagulo (embolo) formatosi solitamente nel cuore o nelle grosse arterie del collo o nell’aorta ascendente. I principali fattori di rischio per l’ictus ischemico sono l’ipertensione arteriosa (la causa principale), il fumo, l’ipercolesterolemia, il diabete ,l’obesità e non da ultimo la fibrillazione atriale (prima causa dell’ictus da embolia). Il secondo meccanismo più frequente con cui si può verificare un ictus è l’improvvisa rottura di un’arteria cerebrale (emorragia cerebrale), causata di solito da elevati valori di pressione arteriosa o da rottura di un aneurisma congenito. Quando un’arteria si rompe, le cellule cerebrali soffrono non solo perché non ricevono più sangue, ma anche perché il sangue comprime il tessuto cerebrale circostante. L’emorragia cerebrale è causata dalla rottura di una piccola arteria profonda (tipica dell’anziano) o dalla rottura di un aneurisma cerebrale (tipica del giovane). Vi sono poi cause minori di ICTUS cerebrale, che colpiscono soprattutto il giovane, come i difetti congeniti della coagulazione del sangue, le malattie reumatologiche, la presenza di un piccolo foro tra i due atri del cuore (pervietà del forame ovale). In soggetti con pervietà del forame ovale possono formarsi piccoli trombi a livello del forame stesso che passano poi nel circolo sanguigno e raggiungono l’encefalo potendo dare eventi ischemici oppure i trombi si formano a livello venoso e vanno in circolo attraversando il forame ovale raggiungendo il cervello.
Come viene fatta la diagnosi?
La diagnosi viene generalmente ipotizzata attraverso l’esame clinico. La tomografia computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RM) risultano fondamentali per confermare il sospetto clinico, escludere altre patologie, caratterizzare e quantificare le lesioni, pianificare il trattamento. Altri esami strumentali come l’elettrocardiogramma e gli esami del sangue sono solitamente eseguiti per determinare i fattori di rischio e per escludere altre possibili cause (ad esempio l’ipoglicemia, l’abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue può causare sintomi simili).
Quali conseguenze comporta?
Quando l’ictus è esteso o il decorso è aggravato da complicanze, spesso il paziente non supera la fase acuta della malattia. Tuttavia, se il paziente supera i primi giorni, si può verificare un progressivo recupero in quanto non tutte le cellule cerebrali coinvolte muoiono ed alcune vengono lesionate in modo reversibile. Le cellule che non muoiono possono riprendersi. Inoltre, nelle fasi acute dell’ictus, intorno alle aree lesionate si forma dell’edema che riduce il funzionamento delle aree sane del cervello. Il riassorbimento dell’edema permette alle cellule non morte di riprendere regolarmente il funzionamento. Infine, altre aree sane del cervello possono sostituire le funzioni di quelle lesionate. Ovviamente le possibilità di recupero variano in relazione all’estensione della lesione e alla particolarità della zona colpita. Gli effetti dell’ictus variano molto nelle diverse persone: alcune presentano solo disturbi lievi che, con il passare del tempo, divengono quasi impercettibili. Altri, invece, portano gravi segni della malattia per mesi o per anni. Complessivamente delle persone che sopravvivono a un ictus, il 15% viene ricoverato in reparti di lungodegenza; il 35% presenta una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana; il 20% necessita di assistenza per la deambulazione; il 70% non riprende la precedente occupazione.
Quali trattamenti?
Esiste una terapia per l’ischemia cerebrale che si può eseguire solo nelle prime 3 ore dopo l’evento. Questa terapia (trombolisi), se le condizioni cliniche lo permettono, può riaprire l’arteria chiusa e salvare una parte del tessuto cerebrale colpito. Dopo la fase acuta, la cura può proseguire in strutture specializzate per la riabilitazione, tenendo conto delle esigenze a lungo termine del soggetto colpito. Le attività assistenziali a fini riabilitativi dopo un ictus hanno caratteristiche distinte a seconda dell’epoca di intervento e richiedono il contributo di operatori diversi, a seconda degli obiettivi consentiti dalle condizioni cliniche, ambientali e delle risorse assistenziali disponibili. Il progetto riabilitativo sarà il prodotto dell’interazione tra il paziente, i suoi familiari e un team interprofessionale (fisioterapisti, infermieri, fisiatri, neurologi, terapisti occupazionali, logopedisti, psicologi), coordinato da un esperto nella riabilitazione dell’ictus.
Giuseppe Marazzi
IRCCS San Raffaele – Roma