29 Settembre – Giornata Mondiale del Cuore
Già conosciuto come “gene della longevità”, ora potrebbe meritarsi anche
l’appellativo di “gene del cuore”. È il gene BPIFB4, nella sua variante
LAV (Longevity Associated Variant) che è particolarmente diffuso tra i
centenari.
Nel mese della Giornata Mondiale del Cuore (29 settembre), uno studio appena pubblicato sulla rivista Cell Death and Disease
dimostra che la proteina LAV-BPIFB4 rende più “resilienti” le cellule
cardiache nel reagire a un infarto. Lo studio, finanziato dal Ministero
della Salute e dalla British Heart Foundation, getta le basi per future
applicazioni terapeutiche del gene nella cura delle malattie
cardiovascolari. LAV-BPIFB4 infatti agisce direttamente sui
cardiomiociti, le cellule che, con la loro attività contrattile, servono
a far pulsare il cuore, rendendoli più performanti. In questo modo,
l’organo reagisce meglio ad un infarto, accusandone meno gli effetti e
ripristinando più velocemente la sua funzionalità.
«È stato
sorprendente osservare come LAV-BPIFB4, la molecola diffusa nei soggetti
con vita lunga e sana, sia in grado di migliorare la performance del
cardiomiocita umano, la cellula muscolare del cuore deputata alla
generazione e alla trasmissione dell’impulso contrattile, cioè del
battito cardiaco. Difatti, la proteina, aggiunta alla coltura cellulare,
conferisce al cardiomiocita una maggior forza di contrazione e ne
aumenta la frequenza del battito. Questo vantaggio si associa a
un’ulteriore azione positiva che LAV-BPIFB4 esercita sul fibroblasto,
limitando la sua produzione di fibrosi, che rende il tessuto cardiaco
più rigido. In virtù di tali benefici, riteniamo che la proteina abbia
un forte potenziale terapeutico, preservando l’equilibrio e lo stato di
salute del cuore e opponendosi al dannoso rimodellamento cardiaco che
contribuisce all’insorgenza delle patologie ischemiche», sottolinea
Monica Cattaneo, ricercatrice del Gruppo MultiMedica, primo autore della
pubblicazione.
In molti studi precedenti la proteina LAV-BPIFB4 si è
dimostrata in grado di funzionare in diversi contesti patologici dando
prova della sua efficacia, in modelli animali, nel prevenire
l’aterosclerosi, l’invecchiamento vascolare, le complicazioni
diabetiche, e nel ringiovanire il sistema immunologico e cardiaco.
«Oggi
si aggiunge un ulteriore importante tassello: la protezione
dall’infarto. Tutte queste evidenze ci suggeriscono che la proteina o
gene della longevità sia una sorta di strumento attraverso cui la natura
ci rende più capaci di adattarci a nuove situazioni, più resistenti
alle malattie. Malattie che, insieme al processo di invecchiamento,
hanno tutte un minimo comune denominatore, la perdita di omeostasi, quel
processo che permette alle cellule di mantenere il loro equilibrio e
quindi di sopravvivere. Il ‘segreto del successo’ della LAV-BPIFB4
risiede proprio nella sua capacità di ristabilire quell’equilibrio»,
evidenzia Annibale Puca, capo laboratorio presso l’IRCCS MultiMedica.