Alcuni farmaci utilizzati per l’ipertensione, per lo scompenso o la cardiopatia ischemica, gli ACE-inibitori e i farmaci antagonisti del recettore dell’angiotensina (sartani) possono essere usati nei pazienti non affetti da COVID-19 senza alcun rischio. Nei pazienti affetti da Coronavirus non sono stati documentati effetti che dimostrino maggior rischio di complicanze se si utilizzano questi farmaci. A lanciare questa ipotesi sono stati alcuni studi pubblicati, secondo i quali gli ACE2 (non gli ACE) agirebbero come recettori funzionali del Coronavirus e quindi potrebbero avere alcuni effetti nei soggetti colpiti dal virus SARS-Cov-2. Pertanto, a fronte della crescente preoccupazione su tale argomento, amplificata dai social e audio WhatsApp su false terapie, la Società Italiana di Cardiologia ha emanato un documento, disponibile su www.sicardiologia.it, in cui si sottolinea che è assolutamente necessario proseguire con le terapie croniche per l’ipertensione o per la cardiopatia prescritte dagli specialisti come prima dell’emergenza coronavirus. “Allo stato attuale non esistono studi nell’uomo che dimostrano un effetto benefico o negativo degli ACE-inibitori o dei sartani nei pazienti affetti da COVID-19, spiega Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia – quindi non abbiamo informazioni che possano consigliare o sconsigliare queste terapie nei pazienti con coronavirus”. Cosa c’entrano l’ipertensione e – in maniera più ampia – la prevenzione cardiovascolare con l’epidemia in atto? Per rispondere a questa domanda, occorre partire dai risultati dei primi studi cinesi. Chi ha una salute precaria di cuore e arterie è più a rischio su questo fronte, queste in sintesi le evidenze finora raccolte. Dati che hanno trovato conferma nelle prime analisi condotte dall’Istituto Superiore di Sanità sulle vittime italiane del Coronavirus. L’ipertensione e la cardiopatia ischemica sono risultati i tratti più spesso riscontrati tra le persone decedute a seguito del contagio. Evidenze che, considerando i più alti tassi di mortalità registrati tra ipertesi, diabetici e pazienti con alle spalle problemi di natura cardio e cerebrovascolare, hanno portato gli esperti a porre attenzione nei loro confronti. «Oggi possiamo dire che chi convive con queste condizioni, ha un rischio più alto di infettarsi e di registrare un decorso più grave della malattia COVID-19 », conferma Pasquale Perrone Filardi, ordinario di cardiologia dell’università Federico II di Napoli. Gli ACE-Inibitori a agiscono su un particolare sistema di controllo della pressione localizzato nei reni. Non vanno assunti in gravidanza e se c’è un marcato restringimento delle due arterie renali. Tosse secca, netto abbassamento della pressione quando si sta in piedi, leggere alterazioni del gusto i problemi più frequentemente riscontrati nei pazienti in cura da tempo. Gli Antagonisti dell’Angiotensina II agiscono sui recettori dell’Angiotensina II un ormone che contribuisce a regolare la pressione. Come gli Ace-inibitori sono molto maneggevoli, e presentano le stesse controindicazioni. Non danno però la tosse secca come effetto collaterale. L’indicazione contenuta nel documento della Società Italiana di Cardiologia viene ribadita anche dalla Società Europea di Cardiologia, secondo cui «non c’è alcuna evidenza di un effetto dannoso determinato dall’utilizzo degli Ace-inibitori e dei sartani nell’epidemia di Coronavirus in corso». Peraltro, avverte Perrone Filardi, modificare la terapia avrebbe un costo in termini di rischi: ”Prima di tutto potrebbe registrarsi un aumento o una diminuzione dei valori, poi la minaccia di maggiori effetti collaterali legati al cambiamento di un farmaco”. Un sospiro di sollievo, quindi: le due classi di farmaci non peggiorano la prognosi e non espongono a un rischio aggiuntivo di infezione.
Diabete e sport in volata verso la salute
Va inseguito, raggiunto e battuto. Una corsa alla quale partecipano da anni istituzioni, società scientifiche e pazienti, ma che da...