L’ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio di mortalità in tutto il mondo, e la sua importanza è ulteriormente enfatizzata nel contesto della nuova infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) grave sindrome respiratoria acuta denominata COVID-19. I pazienti con gravi infezioni da COVID-19 sono generalmente più anziani e hanno una storia di ipertensione. Quasi il 75% dei pazienti deceduti nella pandemia in Italia presentava ipertensione. Ciò ha sollevato molteplici domande relative a un decorso più grave della COVID-19 in relazione all’ipertensione stessa e al suo trattamento con i bloccanti del sistema renina-angiotensina (RAS), ad esempio gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEI) e i bloccanti dei recettori dell’angiotensina (ARB). Pertanto la task force COVID-19 dell’European Society of Hypertension ha eseguito una revisione critica della relazione tra ipertensione, RAS e rischio di lesioni polmonari. È interessante notare che gli ACEI e gli ARB possono essere associati a una minore incidenza e/o a risultati migliori nei pazienti con infezioni del tratto respiratorio inferiore. Nel dettaglio si esaminano i meccanismi molecolari che collegano la RAS al danno polmonare e il potenziale impatto clinico del trattamento con i bloccanti della RAS in pazienti con COVID-19 e un alto rischio cardiovascolare e renale. Ciò è correlato al ruolo dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) per l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule e all’espressione di ACE2 nei polmoni, nel sistema cardiovascolare, nei reni e in altri tessuti. In sintesi, una revisione critica delle prove disponibili non supporta un effetto deleterio dei bloccanti del RAS nelle infezioni da COVID-19. Pertanto, non vi è attualmente alcun motivo per interrompere i bloccanti della RAS in pazienti stabili che affrontano la pandemia di COVID-19.
Fonte: Cardiovascular Research, doi.org/10.1093/cvr/cvaa097