I livelli sierici di acido urico sono direttamente correlati all’attività di un enzima, la xantina ossidasi, la quale è causa di stress ossidativo, considerato tra i meccanismi patogenetici implicati nella fisiopatologia dello scompenso cardiaco. Dal momento che la xantina ossidasi va incontro ad up-regulation nello scompenso cardiaco, l’iperuricemia (elevata concentrazione sierica di acido urico) potrebbe rappresentare un indicatore dell’aumentata attività enzimatica, utile ad individuare i pazienti a rischio di scompenso. Alcuni studi recenti riconoscono validità all’associazione tra scompenso cardiaco e iperuricemia, ma questa relazione causale tra le due condizioni è ancora oggetto di dibattito. Un sottostudio del British Regional Heart Study, condotto da S. Goya Wannamethee e colleghi, ha analizzato la relazione tra uricemia e incidenza di scompenso cardiaco in 3.440 uomini di età compresa tra 60 e 79 anni, con l’esclusione di quelli con storia di infarto miocardico o scompenso cardiaco e quelli in terapia con farmaci ipouricemizzanti. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi in base all’assunzione di terapia anti-ipertensiva; inoltre, sono stati individuati tre sottogruppi in relazione ai livelli di uricemia, ovvero inferiore a 350 umol/L (micromoli), tra 350-410 umol/L, superiore a 410 umol/L. Durante un follow-up medio di 15 anni, sono stati registrati 260 nuovi casi di scompenso cardiaco. Elevati livelli di acido urico sono stati associati ad un significativo aumento del rischio di scompenso cardiaco nei pazienti in trattamento con anti-ipertensivi (949 soggetti) ma non in quelli non sottoposti a questo (2.491 soggetti). In particolare, i pazienti con uricemia superiore a 410 umol/L presentavano il profilo di rischio più sfavorevole, con il tasso più elevato di fibrillazione atriale e insufficienza renale e i valori più alti di proteina C reattiva e troponina T. ln questi pazienti il rischio di scompenso cardiaco era superiore al doppio del rischio dei pazienti con uricemia inferiore a 350 umol/L, anche dopo aggiustamento per stile di vita e fattori di rischio biologici. Lo studio ha così mostrato un’associazione tra i livelli di acido urico e il rischio di scompenso cardiaco nei pazienti ipertesi in trattamento per i quali l’uricemia potrebbe rappresentare un marcatore dell’attività della xantina ossidasi e potrebbe contribuire ad identificare quelli più meritevoli di approfondimenti diagnostici in ambito cardiologico. Rimane la necessità di ulteriori studi per valutare se gli inibitori della xantina ossidasi possano ridurre il rischio di scompenso cardiaco in questi pazienti.
Fonte: Wannamethee SG et al. Int J Cardiol 2018;252:187-192. doi: 10.1016/j.ijcard.2017.11.083