Si stima che l’ipertensione arteriosa affligga circa 626 milioni di donne nel mondo, e che ne sia la causa di morte in 1 caso su 5. La storia naturale e la fisiopatologia della malattia risultano differenti nei due sessi verosimilmente a causa di una combinazione di fattori sesso e genere-specifici, con una traiettoria di pressione arteriosa che comincia a mostrare caratteristiche distintive sin dalla prima adolescenza con una prevalenza generalmente più bassa nelle donne fino alla premenopausa, ma che aumenta notevolmente durante la menopausa, superando quella degli uomini.
I meccanismi sottostanti a queste differenze sono complessi e multifattoriali. La menopausa è associata a una riduzione degli ormoni tipici della donna, gli estrogeni, riduzione può comportare una disfuznione dell’endotelio (il rivestimento interno dei vasi), un aumento di peso ed una e attivazione del sistema simpatico (adrenalina e noradrenalina); questi cambiamenti determinano un aumento dello stress ossidativo, oltre che un processo di infiammazione vascolare denominato “inflammaging vascolare” e attivazione dei sistemi pressori con conseguente aumento della pressione arteriosa nella donna in età menopausale.
Nelle donne in premenopausa, l’uso di terapia estro-progestinica orale può aumentare la pressione arteriosa (PA) con un meccanismo non univocamente stabilito, ma verosimilmente dovuto a una complessa interazione tra i due ormoni. Al contrario, l’uso di sola terapia progestinica sembra non essere associato ad un aumento dei valori pressori, sebbene i dati attualmente disponibili siano limitati.
La menopausa comunque raddoppia il rischio di sviluppare ipertensione, anche escludendo fattori confondenti come età e peso.
Anche lo sviluppo di complicanze cardiovascolari (CV) legate all’ipertensione arteriosa è influenzato dal genere. È infatti noto come queste, sia in termini di danno d’organo ipertensione-mediato che come eventi CV maggiori (infarto miocardico, ictus e scompenso cardiaco), tendano a svilupparsi nelle donne a partire da valori di pressione arteriosa sistolica più bassi rispetto all’uomo8.
A livello cardiaco sono frequenti l’ipertrofia ventricolare sinistra (ispessimento delle pareti del cuore) e la dilatazione atriale sinistra, mentre il sistema vascolare esprime maggiori livelli di rigidità arteriosa. L’ipertensione nella donna inoltre sembra essere un fattore di rischio più forte per demenza e declino cognitivo.
Gli studi non ci indicano se i farmaci da usare e i ,imiti pressori da considerare sono diversi tra uomo e donna. Purtroppo infatti non ci sono studi in grado di analizzare in modo accurato gli effetti di valori pressori e farmaci sulle malattie cardio- e cerebro-vascolari in base al sesso. Senza dubbio il beneficio è in entrambi i sessi ma forse i trattamenti e di valori da raggiungere potrebbero essere diversi. Non esistono dati coerenti sull’efficacia dei farmaci antipertensivi che si basino sul sesso. Pochi studi clinici sul trattamento dell’ipertensione arteriosa risultano stratificati per sesso, pertanto la selezione e il dosaggio del farmaco non dovrebbero essere basati sul sesso ma piuttosto tener conto delle specifiche indicazioni e controindicazioni, specialmente in chi sta pianificando una gravidanza o si trova in stato di gravidanza.
Tenendo presenti le limitazioni sopra menzionate, sembra che la terapia con ACE-inibitori, sartani, calcio-antagonisti o diuretici produca una riduzione di pressione arteriosa pressochè comparabile nei due sessi e, di conseguenza, degli eventi cardiovascolari, indipendentemente dalla classe impiegata17.
Le modifiche dello stile di vita svolgono un ruolo fondamentale nella gestione dell’ipertensione, e anche in questo caso sono state evidenziate differenze nei loro effetti in base al genere. Ad esempio, sembra che le donne rispondano positivamente alla riduzione dell’introito di sodio dietetico, non mostrando invece lo stesso beneficio dall’introduzione di esercizio aerobico strutturato .
Dato l’importante ruolo che gli estrogeni rivestono nella salute cardiovascolare femminile, sarebbe ragionevole considerare il loro utilizzo al fine di esercitare la stessa protezione cardiovascolare che fornivano durante il periodo premenopausale. Tuttavia, è importante notare che l’uso degli estrogeni non ha dimostrato alcuna riduzione significativa del rischio cardiovascolare né tanto meno dei valori di PA.
Inoltre, è fondamentale ricordare che esistono disparità persino nella prescrizione di farmaci antipertensivi tra individui di sesso maschile e femminile; queste ultima hanno infatti una probabilità inferiore di ricevere terapia antipertensiva ottimale rispetto agli uomini con valori pressori comparabili. Nonostante assumano un minor numero di farmaci, si presume che le donne abbiano un rischio di sviluppare effetti avversi superiore di circa il 50%19, con segnalazioni più frequenti di tali reazioni nonostante assumano meno farmaci.
Per concludere, specialmente nella donna in menopausa, è cruciale adottare misure preventive per la salute cardiovascolare tra cui il controllo del peso e la limitazione dell’assunzione di sodio con la dieta, l’adozione di un regime di attività fisica adeguato e la moderazione nel consumo di alcool. È importante anche monitorare la pressione arteriosa anche al domicilio, e considerare l’esecuzione di monitoraggio pressorio delle 24 ore. Nel caso in cui sia indicato il trattamento antipertensivo, il target pressorio dovrebbe essere inferiore a 130/80 mmHg se appropriato in relazione all’età e allo stato di fragilità21.
Lorenzo Ghiadoni
Internista
Centro Riferimento Regionale Ipertensione Arteriosa
Direttore Medicina d’Urgenza Universitaria
AOU Pisana e Università di Pisa
Presidente AcEMC (Academy of Emergency Medicine and Care)
Andrea Ungar
Geriatra e Cardiologo
Responsabile Centro Ipertensione Geriatra-UTIG (AOU Careggi)
Centro di Riferimento Regionale della Toscana per l’Ipertensione Arteriosa dell’anziano
Presidente SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria)