LA CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA

La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia del muscolo cardiaco, più spesso geneticamente determinata, che comporta un anomalo ed inappropriato ispessimento in uno o più segmenti del cuore. L’ispessimento patologico può causare ostacolo al passaggio di sangue nel principale vaso arterioso del nostro organismo, l’aorta, determinando così sintomi da ridotta perfusione; nell’area del muscolo ingrossato, le cellule muscolari possono apparire disorganizzate e, quindi, realizzare circuiti elettrici anomali responsabili di aritmie; inoltre, l’ispessimento del muscolo rende il cuore più rigido, pertanto meno propenso al riempimento e, di conseguenza, a contrarsi per pompare il sangue.

QUAL E’ LA CAUSA?
Nella maggior parte dei casi, la patologia è dovuta a una mutazione geneticamente trasmessa e, in quanto tale, ereditabile; in una restante percentuale dei casi è dovuta a patologie secondarie (metaboliche o da accumulo di sostanze anomale) anche nel contesto di sindromi genetiche.

QUALI SONO I SINTOMI PIU’ FREQUENTI?
I pazienti affetti spesso riferiscono:
– palpitazioni (il battito del cuore troppo veloce dovuto ad aritmie),
– dolore al petto (causato da livelli ridotti di ossigeno al cuore),
– vertigini o svenimento (per il ridotto flusso di sangue al cervello o, più comunemente, a causa di aritmie),
– affanno (poiché il ridotto riempimento del cuore determina accumulo di liquido intorno ai polmoni),
– stanchezza (per la riduzione della funzione del cuore che eroga meno energia ai tessuti).

QUALI SONO LE COMPLICANZE?
Le principali complicazioni sono:
insufficienza cardiaca (il cuore non funziona efficacemente e non riesce a pompare abbastanza sangue, alla giusta pressione, per soddisfare i bisogni del corpo),
ictus (in genere secondario a comparsa di aritmia),
– morte cardiaca improvvisa, la più temibile delle complicanze, a causa di aritmie pericolose che possono causare l’arresto cardiaco.

COME VIENE DIAGNOSTICATA?
L’anamnesi riveste un ruolo fondamentale per l’individuazione, attraverso l’albero genealogico, di altri membri della famiglia con questa patologia (in quanto può essere genetica). La diagnosi si realizza, comunque, attraverso l’ausilio dell’ecocardiogramma transtoracico che consente il riscontro dell’anomalo spessore della parete e delle anomalie anatomiche secondarie. L’elettrocardiogramma, la prova da sforzo, il monitoraggio elettrocardiografico in 24 ore e l’ecocardiografia sotto sforzo, forniscono un supporto alla gestione della malattia al fine di individuare elementi secondari e le complicanze associate, nonché alla gestione della terapia medica. Nei casi dubbi o per ottenere elementi diagnostici aggiuntivi, può essere utile l’esecuzione di una risonanza magnetica cardiaca.

QUALI SONO LE POSSIBILI STRATEGIE TERAPEUTICHE?
La terapia farmacologica consente, in una buona percentuale dei casi, di contenere i sintomi, la progressione della malattia e la riduzione delle temibili aritmie correlate. In casi selezionati, specie nelle forme refrattarie alla terapia, può essere utile il ricorso ad un intervento chirurgico di riduzione del muscolo cardiaco. La misura terapeutica ad oggi più efficace per la profilassi della manifestazione più temibile della patologia resta l’impianto di un dispositivo di defibrillazione automatica. Le attuali Linee Guida di riferimento europee individuano le categorie a maggior rischio sulla base di variabili cliniche e strumentali che si sono dimostrate essere associate con maggiore probabilità alla comparsa di morte improvvisa.

Fabio Valente
Cardiologia SUN
AORN Monaldi-Ospedali dei Colli
Napoli