La fibrillazione atriale è una aritmia cardiaca originantesi negli atri cardiaci. Normalmente il cuore batte ad un ritmo determinato da uno stimolo elettrico che nasce in una particolare zona dell’atrio sinistro denominata “nodo seno atriale” e condizionato da svariati fattori tra cui l’attività fisica, il sesso, l’età, il riposo notturno, patologie cardiache o extracardiache (per esempio patologie tiroidee). La frequenza cardiaca normale in un soggetto vigile, sano e a riposo, varia da 55 a 85/90 battiti al minuto primo. Qualora un ”segnapassi“ diverso dal nodo seno atriale prenda il sopravvento nel determinismo del ritmo e della frequenza cardiaca, può insorgere una aritmia definita “fibrillazione atriale” in cui le contrazioni (sistoli) atriali possono superare i 200 battiti al minuto primo ed essere talmente disordinate da far assomigliare le contrazioni atriali (molte delle quali, peraltro, incomplete) ad un “tremolio” (fibrillazione). Il sistema di conduzione (dell’”elettricità“) cardiaco prevede una “stazione intermedia” definita “nodo atrio-ventricolare perché situata tra gli atri e i ventricoli che “filtra” gli stimoli elettrici provenienti dagli atri e destinati ai ventricoli. Per cui, a fronte di una frequenza atriale molto alta, i ventricoli non si contraggono più di 100-200 volte al minuto primo. Le cause di questa aritmia possono essere molteplici, dal l’invecchiamento del tessuto di conduzione cardiaco a patologie tiroidee o dell’equilibrio elettrolitico (sali minerali) ed altri. La sintomatologia può essere muta oppure il soggetto può avvertire una sensazione “come avere una farfalla nel petto”. La terapia si avvale di farmaci antiaritmici e anticoagulanti (oltre che alla terapia della malattia di base; per esempio, farmaci agenti sulla funzionalità della tiroide qualora quest’ultima fosse la causa principale del problema) anche se è possibile, in certi casi, una cardioversione elettrica. Gli anticoagulanti si adoperano in quanto le incomplete contrazioni atriali possono determinare la formazione di coaguli che, se abbandonano il cuore, possono determinare ostruzione di piccoli vasi periferici, specie cerebrali, con conseguenze neurologiche gravi (ictus).
Dr. Massimo Blondett M.D.
Specialista Medicina dello Sport
Specialista in Reumatologia
Via Sestri 28 – Genova