ANGINA PECTORIS

Cosa è
L’angina pectoris (dal latino “dolore del petto”) è un sintomo riconducibile a più patologie. Tuttavia, in medicina con angina pectoris si identifica una malattia cardiovascolare dovuta a un temporaneo ridotto afflusso di sangue al cuore che determina mancanza di ossigeno al tessuto cardiaco (ischemia cardiaca). Nel caso dell’angina pectoris, l’ischemia è reversibile e non si protrae così tanto da provocare un danno cardiaco permanente (infarto miocardico).
L’angina pectoris si manifesta abitualmente con un dolore al petto improvviso, acuto e transitorio; a volte si irradia verso le spalle, braccia, gomito e polso prevalentemente sinistro (in rari casi a destra o ad entrambi gli arti superiori), ma non inusualmente verso schiena, collo, gola e mandibola. Il dolore è descritto abitualmente come pesantezza o indolenzimento, a volte si associa mancanza di respiro (dispnea), sudorazione, nausea, vomito (raramente), svenimento (molto raramente).

L’angina si distingue in diverse forme:
Angina stabile o da sforzo: è susseguente da uno sforzo fisico, al freddo o ad stress emotivo (emozioni, brutte notizie, ecc). Tipicamente il paziente lamenta un dolore al petto durante lo svolgere di una attività fisica (per esempio, salendo le scale, comparsa di dolore che regredisce con il riposo), oppure dopo una esposizione a basse temperature (tipicamente d’inverno all’uscita da un locale riscaldato) o all’apice di una arrabbiatura. È la forma più diffusa.
Angina instabile: quanto compare per la prima volta oppure quando il dolore compare con caratteristiche e situazioni diverse dal solito (per esempio a riposo). Un tipo particolare di angina instabile è l’angina di Prinzmetal (dal nome del primo che l’ha descritta nel 1950, detta anche angina variante) causata da uno spasmo in una arteria coronarica* che provoca un importante restringimento, temporaneo, del vaso fino a comprometterne il flusso del sangue e causare ischemia associata a dolore toracico. L’angina di Prinzmetal è una malattia abbastanza rara che non è generalmente associata ad aterosclerosi del vaso coronarico interessato dallo spasmo.
Angina ingravescente: quando vi è un peggioramento di una angina stabile preesistente con comparsa di episodi di dolore più intensi, a soglia più bassa, protratti nel tempo e più frequenti. È riconducibile ad un peggioramento della stenosi che causa la iniziale.
Angina post-infartuale precoce: si verifica a meno di 30 giorni dall’infarto miocardico acuto, di solito entro 2 settimane. Indica che la malattia coronarica è ancora in fase attiva, caratterizzata da una elevata incidenza di reinfarto e da un’alta mortalità. Generalmente è dovuta ad una restenosi che ha causato l’infarto.
Angina secondaria: si tratta di quelle forme non dovute ad una origine cardiaca, cioè quando la riduzione dell’apporto di ossigeno al tessuto cardiaco non è dovuto a restringimenti o ostruzioni delle coronarie, ma ad altre patologie quali per esempio la stenosi aortica, l’anemia grave, l’ipertiroidismo, ecc.

Cause
L’angina è causata da una significativa riduzione, momentanea, dell’apporto di sangue al tessuto cardiaco**. Il sangue trasporta i “nutrimenti” (in primis ossigeno, acidi grassi e glucosio) necessari per vivere al tessuto cardiaco. Se il flusso di sangue è insufficiente, si creano le condizioni per un’ischemia. La riduzione del flusso, in genere, è dovuta ad un restringimento di una coronaria (stenosi) tale per cui, in presenza di aumentate richieste di ossigeno da parte del tessuto cardiaco, non vi è un adeguato apporto. Le condizioni che prevalentemente favoriscono lo sviluppo di una stenosi sono il fumo, il diabete, l’ipertensione e l’ipercolesterolemia (fattori di rischio cardiovascolari).
Un’altra causa (più rara) di ostruzione temporanea di una coronaria è un coagulo, detto anche trombo: questo rappresenta la forma più pericolosa in quanto, se non trattata tempestivamente, è fortemente associata ad infarto acuto del miocardio.
Prima della comparsa del sintomo “dolore”, nel tessuto cardiaco, in seguito ad una significativa riduzione del flusso ematico, compaiono delle alterazioni la prima delle quali è quella metabolica che può essere valutata con il dosaggio degli enzimi cardiaci [CPK, SGOT, LDH, mioglobina (non presenti solo nel tessuto cardiaco), troponina (molto specifiche della cellula muscolare cardiaca)]. La riduzione del flusso sanguigno provoca inizialmente una sofferenza intracellulare non diagnosticabile con le comuni strumentazioni o esami di laboratorio. Se tale sofferenza si protrae nel tempo (15-20 minuti), le cellule cardiache subiscono un danno con la messa in circolo degli enzimi cardiaci (normalmente tali enzimi sono nel sangue in minima quantità, con la comparsa di un danno cellulare aumentano progressivamente fino a quando non viene ripristinato un normale flusso ematico).
Se l’ischemia si protrae, la seconda alterazione che compare è quella meccanica: la zona di cuore che va in sofferenza riduce la contrattilità fino a fermarsi (se l’ischemia interessa almeno il 20-25% del ventricolo sinistro compare il sintomo dispnea in quanto il cuore non riesce più a soddisfare le normali richieste dell’organismo dando luogo ad uno scompenso cardiaco). Dopo una ischemia transitoria, la zona del cuore che ha rallentato/si è fermata può recuperare, nonostante il ripristino di un normale flusso sanguigno, sia prontamente che dopo diversi minuti o, in casi di ischemia grave e/o prolungata, anche dopo ore o addirittura giorni dal ripristino del normale flusso ematico, fenomeno che viene definito “stordimento” miocardico.
La terza alterazione che compare è quella elettrica: la sofferenza cellulare indotta dalla riduzione del flusso sanguigno provoca alterazioni delle proprietà elettriche delle cellule che si possono riscontrare come anomalie/alterazioni all’elettrocardiogramma.
L’ultima alterazione che compare è quella clinica con la comparsa dei sintomi.
Un’ischemia di breve durata determina alterazioni reversibili che si normalizzano con il ripristino di un flusso coronarico. D’altro canto, un’ischemia prolungata (superiore a 20-30 min.), soprattutto se grave, finisce con il determinare alterazioni irreversibili delle cellule cardiache che vanno, infine, incontro a necrosi (infarto miocardico).

Come identificarla
Chi ha un dolore toracico deve riferirlo tempestivamente al medico per gli esami del caso, che includono:
Elettrocardiogramma basale (ECG): è un esame semplice e sicuro che permette di registrare l’attività elettrica del cuore consentendo di individuare la presenza di anomalie/alterazioni riconducibili ad una ischemia miocardica (ha un alto potere diagnostico solo durante la presenza di sintomi).
Elettrocardiogramma dinamico secondo Holter: è un monitoraggio dell’elettrocardiogramma nelle 24 ore (attualmente sono possibili monitoraggi più protratti: 48 ore, 72 ore ed oltre anche se più utili per l’identificazione di aritmie). È particolarmente utile per valutare se, nella vita di tutti i giorni e soprattutto in quei contesti in cui il paziente riferisce di avere la sintomatologia, vi siano alterazioni dell’attività elettrica del cuore suggestivi di ischemia.
Elettrocardiogramma da sforzo (test da sforzo): è una registrazione di un elettrocardiogramma mentre il paziente compie un esercizio fisico, generalmente camminando su un tapis roulant o pedalando su una cyclette. Il test viene condotto secondo protocolli predefiniti, pertanto riproducibili, e viene interrotto alla comparsa di sintomi e/o di alterazioni all’elettrocardiogramma o per il riscontro di pressione arteriosa elevata o una volta raggiunta l’attività massimale per quel soggetto che sta eseguendo il test.
Scintigrafia miocardica: è un esame di II livello che si utilizza per valutare l’ischemia del cuore in pazienti il cui solo elettrocardiogramma non sarebbe adeguatamente interpretabile (per esempio presenza a riposo di blocco di branca sinistro) oppure se un test da sforzo ha dato una risposta dubbia. In genere, il test è eseguito come un classico test da sforzo con la somministrazione, all’acme dello sforzo, di un tracciante radioattivo che si va a depositare sul tessuto cardiaco se l’afflusso di sangue al cuore è regolare. Al paziente viene somministrato il tracciante radioattivo anche in condizioni di riposo in modo da valutare l’eventuale comparsa di mancanza di segnale durante lo sforzo. L’esame permette di diagnosticare la presenza di ischemia e se positivo da informazioni accurate sulla sede e l’estensione della stessa. In casi particolari (per esempio in caso di incapacità del paziente a fare un esercizio fisico), tale esame può essere effettuato mediante somministrazione di un farmaco che provoca ischemia nei pazienti con stenosi coronariche.
Ecocardiogramma: è un esame che permette di visualizzare le strutture e il funzionamento del cuore. L’esame viene eseguito mediante una sonda che emette ultrasuoni appoggiata sul torace del paziente e permette di identificare zone di cuore che non si contraggono bene (ipocinetiche) o che non si contraggono (acinetiche). Inoltre, permette di valutare la funzione cardiaca del cuore sia mentre si contrae che durante il suo rilasciamento identificando eventuali alterazioni che potrebbero essere dovute ad un’importante alterazione del flusso sanguigno.
Ecocardiogramma da sforzo: esame di II livello in cui l’ecocardiogramma viene eseguito sia a riposo che durante l’esecuzione di uno sforzo da parte di un paziente. In questo caso, l’esame permette di valutare eventuali alterazioni della capacità del cuore di contrarsi correttamente in corso di attività fisica. Tale esame permette, come la scintigrafia, oltre la diagnosi di ischemia cardiaca, anche sede ed estensione della stessa. Vi è, inoltre, la possibilità di eseguire un ecocardiogramma dopo aver somministrato al paziente un farmaco che può indurre ischemia (ECO-stress) traendo le stesse conclusioni di quello eseguito durante un esercizio fisico.
Coronarografia o angiografia coronarica: è un esame invasivo che consente di visualizzare le coronarie attraverso l’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno direttamente dall’origine delle stesse. L’esame viene effettuato in un’apposita sala (sala di emodinamica) e necessita di un ricovero ospedaliero.
TC cuore o TC coronarica: è un esame che permette, mediante la somministrazione di mezzo di contrasto per via endovenosa, la valutazione dei vasi coronarici e ottenere informazioni sulla presenza di stenosi che restringono il vaso o che non occupano l’interno del vaso (stenosi eccentriche). Tale esame permette anche di valutare la presenza di calcificazioni dovute a placche aterosclerotiche nei vasi coronarici, indicatore indiretto di un rischio elevato di patologia coronarica maggiore.
Risonanza Magnetica Nucleare cardiaca:
esame che permette di esaminare la struttura del cuore e dei vasi sanguigni in modo dettagliato attraverso la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Permette di valutare la morfologia delle strutture del cuore, la funzione cardiaca ed eventuali alterazioni del movimento di parete secondarie a ischemia indotta farmacologicamente (RMN cardiaca da stress).

Trattamenti
Il trattamento dell’angina è diretto a migliorare la perfusione delle coronarie e a evitare il rischio di infarto e trombosi. La terapia include diverse opzioni che vengono valutate dal cardiologo in relazione al quadro clinico.

L’opzione farmacologica
L’opzione interventistica include l’angioplastica coronarica percutanea, un intervento che prevede l’inserimento nella coronaria, in corso di angiografia, di un piccolo pallone solitamente associato a una struttura metallica a maglie (stent) che viene gonfiato ed espanso in corrispondenza del restringimento dell’arteria. Questa procedura permette di migliorare il flusso di sangue a valle e il Bypass coronarico, un intervento chirurgico che prevede il confezionamento di condotti vascolari (di origine venosa o arteriosa) in grado di “bypassare” il punto di restringimento delle coronarie facendo, pertanto, comunicare direttamente la porzione a monte con quella a valle della stenosi. L’intervento viene effettuato a torace aperto, con il paziente in anestesia generale e quasi sempre con l’ausilio della circolazione extra-corporea.

Il corretto stile di vita
* è il vaso arterioso che porta il sangue al cuore. Le arterie che irrorano il cuore sono due, l’arteria coronaria destra e l’arteria coronaria sinistra. L’arteria coronaria destra fornisce abitualmente il sangue alla parte infero-posteriore del ventricolo sinistro e al ventricolo destro (il cuore è costituito da 4 camere: atrio destro e sinistro, ventricolo destro e sinistro). L’arteria coronaria sinistra, subito dopo un breve tratto (chiamato tronco comune), si divide in arteria discendente anteriore e arteria circonflessa. L’arteria discendente anteriore è il ramo più importante e porta abitualmente il sangue alla parete anteriore e laterale del ventricolo sinistro e alla punta. L’arteria circonflessa, in genere, porta il sangue alla postero-laterale e infero-laterale del ventricolo sinistro.

** se la causa dell’angina è un restringimento (stenosi), il suo grado deve impedire un adeguato flusso del sangue. Generalmente una stenosi che determina una riduzione del vaso inferiore al 50% non induce una significativa riduzione del flusso tale da provocare una ischemia mentre, se la riduzione è superiore al 50%, tale condizione può dar luogo ad una sofferenza cardiaca. Se la stenosi riduce il calibro del vaso di oltre l’70%, il flusso di sangue diventa insufficiente anche a riposo tanto da diventare necessario un trattamento di rivascolarizzazione. Spesso le stenosi coronariche non causano un grado di riduzione costante del vaso, tale da provocare una riduzione fissa del flusso sanguigno; più frequentemente, le stenosi coronariche sono dinamiche (in genere la stenosi ha anche una componente funzionale che ne modifica l’entità) rendendo variabile l’induzione di una ischemia cardiaca.

Giuseppe Marazzi
IRCCS San Raffaele – Roma