Fonte: J Am Coll Cardiol. Feb 12, 2021. Epublished DOI: 10.1016/j.jacc.2021.02.017
Il vaccino contro Covid-19 dovrebbe essere somministrato prima alle persone con malattia cardiovascolare avanzata rispetto a quelle con malattia ben gestita, secondo una dichiarazione dell’American College of Cardiology pubblicata sul suo omonimo Journal. Ad esempio – si specifica – i pazienti con scarso equilibrio glicemico, malattia aterosclerotica sintomatica o aritmie frequenti dovrebbero avere la priorità rispetto a quelli con glicemia ben ottimizzata, malattia coronarica asintomatica o aritmie stabili. La dichiarazione analizza l’impatto dei fattori di rischio cardiovascolare e delle comorbidità sugli esiti della malattia da coronavirus 2019 proponendo uno schema di organizzazione e distribuzione del vaccino, considerando tale rischio. Veniamo così ad apprendere (come punti chiave, oltre a quanto sopra specificato) che ipertensione, diabete mellito e obesità sono le comorbidità più comuni (15-50% in prevalenza) nei pazienti ospedalizzati con COVID-19 e sono associate ad un aumentato rischio di mortalità. Anche la malattia aterosclerotica e l’insufficienza cardiaca sono comuni (5-10%) e sono fattori di rischio per la morte in ospedale. Si evidenzia inoltre che, sebbene i dati siano più scarsi, anche preesistenti aritmie, cardiopatia congenita, precedenti trapianti di cuore o ipertensione polmonare sembrano portare ad un aumento del rischio di decessi. Di conseguenza, come rimarca la più recente Guida di fase 1 dei Centers for Disease Control and Prevention, richiamando così un punto chiave sia di partenza che di arrivo, “tutti i pazienti di età compresa tra 16 e 64 anni con condizioni mediche ad alto rischio come le comorbidità cardiovascolari dovrebbero essere sottoposti a vaccino; anche se senza ulteriore definizione del rischio”. Un altro elemento saliente e nel contempo problematico riguarda le prospettive. La realizzazione dell’attuale strategia di assegnazione dei vaccini, sebbene semplice a livello di progettazione, ha infatti incontrato innumerevoli ostacoli nei sistemi sanitari degli Stati Uniti. “L’aggiunta di uno strato di elevata complessità per tenere in considerazione la gravità della malattia cardiovascolare – che è scarsamente codificata se non del tutto nelle cartelle cliniche elettroniche – rappresenterebbe un compito arduo”, viene riportato. Ad ogni modo, si rileva in conclusione, “questa dichiarazione sulla politica sanitaria fornisce agli operatori sanitari un documento di riferimento ed un approccio per consigliare i pazienti cardiovascolari sul rischio di esiti correlati a COVID-19 e alla necessità di sottoporsi a vaccinazione”.