CUORI AD ALTA QUOTA

Come comportarsi in montagna se si soffre di cuore

Giornate bellissime, temperature perfette e montagne innevate: la descrizione di un inverno con i fiocchi. Queste condizioni ci invogliano a trascorrere qualche giorno, o anche la classica settimana bianca, in montagna tra sci, trekking e buon cibo. Luogo di pace, relax e natura incontaminata. Una vacanza tra le vette, richiede però delle accortezze, soprattutto per chi soffre di ipertensione o problemi cardiaci come lo scompenso. Praticare sport – anche ad alta quota – è possibile, purché si seguano alcune semplici regole che ALT – Associazione per la lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus, ha stilato in un decalogo a disposizione di tutti gli amanti della montagna chiamato “Buonsenso ad Alta Quota”, adatto sia alla stagione estiva che a quella invernale. Innanzitutto è importante sfatare un falso mito: la montagna non causa problemi agli ipertesi, soprattutto nei pazienti giovani, così come nei pazienti che soffrono di Aritmie o Fibrillazione Atriale. Tuttavia se si soffre di pressione alta o scompenso, bisogna prestare una maggiore attenzione e ascoltare attentamente i segnali che il nostro corpo ci invia. Attenzione, prima di ogni cosa, alle altitudini. Andare oltre i 2500 – 3000 metri è pericoloso perché la pressione arteriosa, a causa dell’aria rarefatta e dall’assenza di ossigeno, aumenta creando problemi a chi soffre di ipertensione. Anche il freddo non aiuta, l’abbassamento delle temperature infatti, porta ad un innaturale innalzamento della pressione sanguigna, così come praticare attività fisica intesa. Bene lo sport dunque, ma evitiamo sforzi fisici intensi e attività troppo impegnative e troppo a lungo. Durante l’attività fisica, che sia anche solo una passeggiata, è importante idratarsi portando con sé almeno mezzo litro di acqua. Bando invece agli alcolici, soprattutto grappe e liquori, oltre ovviamente al fumo. Nota dolente, il cibo. È risaputo: in montagna – nelle baite soprattutto – il cibo è davvero gustoso ma spesso, la cucina di montagna è grassa e pesante, con predominanza di burro (nemico del cuore), formaggi e cibi salati. Prestiamo molta attenzione a non esagerare e a consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. Inoltre, il bisogno delle calorie in montagna è diverso rispetto a quello abituale. In alcuni casi (e sembra paradossale!), potrebbe verificarsi un calo dell’appetito, chiamato “anoressia da alta quota”, causato dalla mancanza di ossigeno. Ricordiamoci dunque, soprattutto se si svolge attività fisica, di fare diversi spuntini nel corso della giornata, con cibi leggeri, digeribili e in piccole quantità, evitando invece cibi ricchi di sale e grassi. È fondamentale infine prestare grande attenzione ai nostri farmaci. Come prima cosa, ricordiamo di annotare su un foglio le nostre generalità, eventuali allergie, malattie e medicine assunte e di portarlo sempre con noi. Monitoriamo inoltre con costanza i dati sanguigni, anche a domicilio. Oltre ai farmaci che assumiamo con regolarità, ricordiamoci di portare in valigia un piccolo “kit di sopravvivenza” con bende elastiche, lassativi, antiinfiammatori, antibiotici, antidiarroici, antidolorifici, cerotti, sonniferi, apparecchio per la pressione, bombolette di ossigeno. In caso di fuso orario, dobbiamo assumere i farmaci secondo l’orario di casa, quindi senza considerare il fuso. Ricordiamoci che oltre i 3500 metri, i farmaci smettono di fare effetto, quindi è importante prestare sempre attenzione alle altitudini, prima di prenotare un weekend tra le vette. Piccoli accorgimenti dunque, ma che possono salvarci la vita. In inverno infatti, è possibile che lo scompenso cardiaco – ad esempio – si aggravi. Innanzitutto, cos’è lo scompenso cardiaco? Lo scompenso è un disturbo che colpisce la pompa cardiaca. Quando il cuore perde di efficienza, a causa di un Infarto o un’Aritmia o perché le sue valvole sono ammalate, può svilupparsi una condizione molto pericolosa chiamata appunto, scompenso o insufficienza cardiaca. Anche ipertensione, malattie croniche o aterosclerosi delle arterie coronarie possono essere causa di scompenso, che è la ragione più probabile di ricovero in ospedale dopo i 65 anni. I sintomi sono vari: respiro corto e difficoltà a compiere sforzi brevi, come salire pochi gradini; caviglie gonfie fino al polpaccio; addome gonfio o vene del collo molto evidenti; profonda spossatezza e debolezza; battito cardiaco irregolare, rapido aumento di peso e senso si pesantezza sul petto. Spesso questi sintomi sono più accentuati nelle donne e hanno un maggior impatto sulla qualità della vita. Dall’insufficienza cardiaca non si può guarire ma possiamo tenerne sotto controllo i sintomi e migliorare la qualità della vita delle persone che ne soffrono. Perché vi è una relazione pericolosa fra lo scompenso in inverno e la montagna? In inverno, si manifesta il rischio di un aggravamento di questa condizione, che può manifestarsi con uno scompenso acuto. Il freddo infatti, agisce sul sistema nervoso autonomo, che regola la pressione arteriosa restringendo e riducendo il passaggio del sangue nelle arterie periferiche, provocando la cosiddetta “vasocostrizione”. Inoltre, nella stagione invernale, i reni tendono a trattenere nel sangue quantità maggiori di acqua e sodio. Tutto questo, in un sistema circolatorio affaticato e fragile, può creare squilibri e scatenare un quadro di congestione acuta del circolo tipicamente presente nello scompenso cardiaco. È fondamentale dunque, che il paziente tenga sotto controllo l’alimentazione, il proprio peso corporeo (che va giornalmente misurato), la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, riportando i dati nel proprio diario quotidiano e riferendo al medico curante eventuali variazioni dei parametri. Una oscillazione maggiore a 1kg in 24 ore, è un segnale d’allarme da non sottovalutare che richiede immediati provvedimenti terapeutici, come l’adeguamento della terapia diuretica. Sì dunque ad una vacanza in montagna ma limitiamo gli sforzi. Un’attività fisica moderata è infatti consigliabile e parte integrante del trattamento medico, ma senza esagerare. Così come per ogni patologia, prima di partire per una vacanza in alta quota è bene rivolgersi al proprio medico curante. Fino a pochi anni fa, si tendeva a sconsigliare a priori un viaggio in montagna. Ora invece, valutiamo le condizioni specifiche di ciascuno, consigliando l’altezza massima a cui spingersi, quali farmaci integrativi eventualmente assumere o eventuali modifiche alla propria terapia e quale tempo di acclimatamento rispettare. Più aumenta l’altitudine infatti, più il nostro corpo compensa la minor quantità di ossigeno con un aumento del lavoro cardiaco e respiratorio. Per questo è fondamentale prestare attenzione alle tempistiche di acclimatamento e alla velocità di salita, differente per ogni patologia ma anche a seconda delle condizioni fisiche generali del paziente e il grado di allenamento. A tutti i pazienti cardiopatici dunque, consiglio sempre di affrontare la situazione con prudenza, serietà e consapevolezza, senza privarsi del piacere di una vacanza ad alta quota ma sempre con la giusta preparazione. 

Dott.ssa Lidia Rota Vender
Specialista in Ematologia e Malattie cardiovascolari da Trombosi
Presidente di ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus
www.trombosi.org