La Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno: un fantasma inafferrabile?

Dr. Giuseppe Marini M.D.
Specialista in Geriatria
Corso Europa 1130 – Genova

Dr. Paolo Bernuzzi M.D.
Genova

La Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS) è una condizione ampiamente sottodiagnosticata e rappresenta una seria problematica di ordine sanitario, sociale ed economico. In Italia non esistono dati ufficiali sulla prevalenza, e si stima che il 3-4% della popolazione adulta soffra di una forma grave di OSAS, percentuale che sale fino al 20% considerando anche le forme moderate e lievi. Le poche centinaia di migliaia di casi diagnosticati sono, quindi, solo la punta dell’iceberg di un sommerso di milioni di pazienti non riconosciuti (oltre il 70%). Per Apnea Ostruttiva del Sonno (OSA) si intende l’ostruzione completa (apnea) o parziale (ipopnea) delle vie aeree superiori durante il sonno per più di 10 secondi, associata a desaturazione superiore al 4%. L’Apnea-Hypopnea Index (AHI) calcola il numero di apnee/ipopnee per ora di sonno e permette di porre diagnosi e stratificare l’OSA in lieve (5-14 episodi/h), moderata e severa (rispettivamente 15-30 episodi/h e >30 episodi/h), associata a segni/sintomi quali eccessiva sonnolenza diurna, russamento, insonnia, disturbi respiratori notturni soggettivi, apnee riferite dal bed-partner (compagno di letto), BMI >29, collo taurino, micrognazia, ipertrofia adenotonsillare, ecc… La diagnosi, pertanto, non prescinde da una valutazione strumentale per tutta la durata della notte. Le ripetute apnee/ipopnee determinano la frammentazione del sonno con frequenti risvegli del paziente ed un aumento del tono simpatico; durante le apnee, la maggiore pressione toracica negativa aumenta il ritorno venoso al cuore destro e l’ipossia determina la vasocostrizione del circolo polmonare (aumentano, quindi, sia il precarico che il postcarico) ponendo, con ciò, le basi fisiopatologiche per le comorbidità che spesso si associano alle OSA: ipertensione refrattaria (spesso profilo non dipper), malattia coronarica ischemica, scompenso cardiaco congestizio, aritmie e stroke. Nel 2016 il Ministero della Salute ha pubblicato i dati di un gruppo di lavoro sulle OSAS in cui viene stimata in quasi 6 miliardi di euro la spesa annua complessiva, di cui solo il 3% è relativo alla diagnosi e al trattamento di tale patologia, mentre la quota rimanente è da attribuire al mancato riconoscimento e prevenzione delle comorbidità e ai costi indiretti (perlopiù sociali, legati agli incidenti stradali e ad invalidità). La patologia merita, pertanto, una maggiore sensibilità ed attenzione e la Medicina Generale, che sulla prevenzione e sulle cronicità deve pretendere di occupare un ruolo di leadership, è il volano che può innescare un circuito virtuoso territoriale per il riconoscimento e la gestione dei casi attualmente misconosciuti, di concerto con gli specialisti otorinolaringoiatri, pneumologi, neurologi e cardiologi che costituiscono la rete territoriale multidisciplinare competente.

Innanzitutto, è di primaria importanza definire quali pazienti siano meritevoli di essere indagati per OSA:
– in primo luogo, quei pazienti che lamentino sintomi quali eccessiva sonnolenza diurna, ripetuti risvegli notturni o sonno di scarsa qualità o non riposante e russamento importante;
– pazienti che abbiano determinate caratteristiche fisiche associate con le OSA, quali obesità (BMI >29), collo taurino (circonferenza >43 cm negli uomini e >41 cm nelle donne), micro-retrognazia, ipertrofia adenotonsillare (IAT);
– pazienti con altre patologie che spesso si accompagnano alle OSA, quali ipertensione arteriosa (soprattutto se farmacoresistente e con profili di Holter pressorio delle 24 ore privi del fisiologico calo notturno -cd. non dipper-), fibrillazione atriale o altre aritmie, scompenso cardiaco, malattia coronarica, diabete mellito tipo II o insulinoresistenza, insufficienza renale, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO);
– infine, pazienti che, per motivi lavorativi, devono essere indagati, quali autisti professionali e possessori di patenti speciali. Una volta individuati i pazienti potenzialmente a rischio, deve essere condotta un’anamnesi mirata con l’ausilio di questionari come il Berlin Questionnaire o la Scala di Epworth e devono essere inviati alla rete territoriale multidisciplinare coloro che raggiungano punteggi suggestivi per OSA. La polisonnografia rappresenta il gold standard, in grado di darci conto non solo delle apnee con l’indice AHI, ma anche ulteriori dati importanti quali il profilo pulsossimetrico, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa.

L’OSA rappresenta una di quelle patologie in cui l’empowerment del paziente risulta di fondamentale importanza: in tutti i pazienti dovrebbe essere percorsa l’opzione della terapia educazionale e comportamentale con riduzione del BMI e astensione da fumo e alcol. In quei pazienti che abbiano alterazioni strutturali delle vie aeree, può essere necessario far ricorso alla chirurgia maxillo-facciale, in molti casi risolutiva. Se siamo in presenza di un OSA grave (AHI >30) o moderata con segni e sintomi associati, si pone indicazione per la ventilazione notturna con C-PAP. I dati disponibili ci dicono che la compliance a tale terapia è bassa ed è necessario accertarsi dell’accettazione del paziente alla terapia proposta. In alternativa, la ventilazione Bi-level è indicata in quei pazienti che dimostrino scarsa compliance per la C-PAP o siano affetti anche da patologie neuromuscolari o BPCO. Il follow-up di questi pazienti prevede una periodica rivalutazione per indagare l’andamento dei segni e sintomi di OSA. In conclusione, risulta evidente come la fase più delicata ed importante sia quella della corretta diagnosi: a tal proposito, la priorità è di abituarsi a pensare che tra i nostri pazienti ci siano molti casi misconosciuti di OSAS, che attualmente ci sfuggono.